Giustizia – responsabilità dei magistrati

La legge 117/88 dispone la responsabilità civile del magistrato per “dolo o colpa grave”; la nuova proposta vorrebbe sostituire la normativa prevedendo che la responsabilità scatti per “violazione manifesta del diritto”.

Chi propone la modifica sostiene che la formula esistente rende difficile l’azione di responsabilità, essendo di difficile prova l’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, come comprovato dal numero insignificante di azioni finora proposte e di condanne. Coloro che si oppongono alla modifica, e fra questi anche parte della magistratura, rilevano l’eccessiva genericità della nuova formula, che pertanto si risolverebbe in una sorta di intimidazione capace di rendere il magistrato insicuro e privo della serenità e dell’autonomia di cui dovrebbe disporre.

In realtà, la legge 117/88 limita la responsabilità del magistrato all’ipotesi di dolo o colpa grave, negando rilevanza all’ipotesi di colpa lieve (quella che ricorre quando si richieda e non sia stata adottata una particolare diligenza). Tale limitazione può essere discutibile, in nome di un rigore particolare richiesto dalla delicatezza e dalla rilevanza del compito del magistrato; ma può anche giustificarsi, se si considera la complessità del diritto oggettivo esistente, la genericità che normalmente è propria della norma e la non costante uniformità delle interpretazioni giurisprudenziali, anche a livello di Cassazione. In ogni caso, è da notare che l’elemento soggettivo, del dolo o della colpa, è sempre richiesto (tranne che in specifiche ipotesi di c.d. responsabilità oggettiva) perché si configuri una responsabilità, dunque l’espressione della legge 117/88 in realtà serve solo ad escludere la responsabilità per colpa lieve e rimane per altro verso lacunosa, poiché non specifica quale sia il comportamento lesivo, attuato per dolo o colpa grave, del quale il magistrato debba rispondere.

La modifica proposta vorrebbe ovviare a questa lacuna, specificando il comportamento da sanzionare come “violazione manifesta del diritto”. Ma, a parte il fatto che rimarrebbe da decidere se mantenere o meno l’esclusione della responsabilità per colpa lieve, il comportamento suggerito è molto meno specifico di come possa apparire. Infatti bisogna considerare che l’attività del giudicare consiste essenzialmente nell’opera di interpretazione della norma e in quella di valutazione delle prove (documenti e testimonianze), l’una e l’altra squisitamente soggettive, solo orientate da regole del procedere e sostanzialmente affidate al libero convincimento, sulla norma e sulla prova, del giudicante. Sicchè, può una diversa interpretazione della norma o una diversa valutazione della prova (quali possono verificarsi in sede di appello o in sede di giudizio per responsabilità civile del magistrato) costituire accertamento di una colpevole violazione del diritto? La peculiarità dell’azione del giudicare e le caratteristiche sopra considerate (complessità del diritto positivo, genericità della norma, precedenti giurisprudenziali non uniformi) consentono di ritenere che l’aggettivo “manifesta” specifichi sufficientemente la “violazione del diritto”, tanto da soddisfare  l’esigenza della certezza del diritto e della determinatezza del comportamento da sanzionare?

Il problema è complesso: da un lato l’esigenza di non rendere esente da valutazioni di responsabilità l’azione dei magistrati, d’altro lato l’esigenza di salvaguardare l’autonomia dei giudici, anche da forme di intimidazione e condizionamenti, e quindi l’esigenza di tenere conto delle peculiarità proprie della materia.

Gli addetti ai lavori affrontino il problema senza farsi condizionare da interessi politici di parte o difese corporative: collaborino, per una regolamentazione equilibrata, rispondente all’interesse della collettività. I non addetti ai lavori si rendano conto degli estremi del problema, non si lascino convincere da indicazioni interessate o sbrigative, e dicano la loro, se hanno idee da suggerire.

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1 Comments.

  1. E’ un discorso molto tecnico, ma ho comunque capito che giudicare un giudizio, quale è quello dei giudici, è una cosa complicata, che va affrontata con serietà, senza animosità giustizialiste. Nina

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