Roma, 09.05.2022
Ambasciatore in Italia dell’Ucraina
Ambasciatore in Italia della Federazione Russa Ambasciatore in Italia degli USA
Rappresentanza in Italia della Commissione Europea
Presidente del Consiglio italiano dei ministri
Segreteria del direttore del giornale Avvenire
Rivista Limes
SOLUZIONE CONFLITTO RUSSIA/UCRAINA: TRE IPOTESI
Ascoltando la radio, durante la trasmissione “tutta la città ne parla” del 26 scorso, ho sentito affermare che due fattori rendono difficili accordi risolutivi del conflitto Russia/Ucraina: il necessario coinvolgimento degli Stati occidentali che ormai sono, in concreto, parti del conflitto e il fatto che Putin non manifesta apertamente i suoi reali intendimenti.
Osservazioni giuste e importanti. Allora, l’aspirazione a possibili accordi va ponderata con riferimento a diverse ipotesi.
Se si ipotizza che Putin aspiri a dare alla Russia un largo impero di dominio, allora deve ritenersi che egli rifiuterà ogni plausibile offerta e tenderà a spingere la guerra anche oltre i confini dell’Ucraina; pertanto sarà inutile trattare e bisognerà assecondare quanto chiede Biden, anzi spingersi oltre, impegnandosi con tutte le forze militari occidentali occorrenti per prevalere e ridimensionare la Russia, senza lasciarsi condizionare dalle minacce e dal rischio di uso delle armi nucleari, che neppure la Russia avrà mai interesse a portare nella realtà.
Dunque, se si voglia dare corso ad una iniziativa di pace, bisogna (al momento) trascurare la prima ipotesi e ipotizzare che nessuno, sia da una parte che dall’altra, abbia interesse e voglia di mantenere attivo lo stato di guerra. E quindi confidare che, pur nel contrasto degli interessi di dominio territoriale ed economico, sia possibile che, con reciproco ammorbidimento delle rispettive posizioni iniziali e concreti sostegni degli altri Paesi, si pervenga ad un accordo che riporti pace e stabilità.
Naturalmente non potranno mancare condizioni funzionali alla sicurezza della Russia, alla tutela delle popolazioni filorusse di confine e a consentire che la posizione di Paese confinante dia alla Russia qualche privilegio in relazione ai principali beni economici dell’Ucraina, compreso l’uso dei porti. Inoltre, con la firma dell’accordo dovrebbero essere revocate tutte le misure punitive imposte alla Russia. D’altro lato, l’Ucraina dovrà avere garanzie sulla libera sovranità, diretto intervento militare dei Paesi garanti in caso di attacco militare, ricostruzione immediata a spese ripartite tra Russia e Paesi occidentali, sostegni finanziari occorrenti alla ripresa. Quanto ai confini, il riconoscimento della Crimea alla Russia potrebbe essere motivo di scambio con la rinuncia alla autonomia da parte delle due repubbliche del Donbas, soddisfatte con regolamenti amministrativi e parziali forme di autonomia come regioni di confine. Quanto agli altri Stati coinvolti, dovrebbero accontentarsi dell’intervenuta pace, cessazione delle spese relative al sostegno alla resistenza, ripresa di regolari rapporti commerciali, superamento dei gravi problemi relativi a energia e materie prime, riavvio della globalizzazione, anche se controllata opportunamente e con diversificazione delle dipendenze da conseguire solo progressivamente.
Quanto alla NATO, che da ultime notizie pare abbia dichiarato che per lei non sarà mai accettabile l’avvenuta annessione alla Russia della Crimea, trattasi di un intervento infelice; che lascia sorgere il dubbio di un suo interesse ad ostacolare ogni trattativa e mantenere la guerra; forse come gesto di resistenza alla prospettiva di sua intervenuta inutilità e possibile estinzione a seguito della politica degli Stati Uniti orientata, prima dell’invasione dell’Ucraina, ad abbandonare il compito già assegnatosi di gendarme del mondo intero. E’ bene quindi che gli USA richiamino all’ordine la NATO, se non vogliono essere coinvolti nel sospetto di interesse al mantenimento della guerra in atto.
Le condizioni di accordo sopra descritte vogliono essere solo un esempio. Ciò che è fondamentale, nella ipotesi di possibilità che si sta esaminando, è che l’ONU, gli Stati Uniti (e la NATO), l’Europa (Unita) e comunque tutti i Paesi coinvolti e interessati non si limitino a sostenere la resistenza e intervengano,
possibilmente tutti insieme, con proposte plausibili di composizione da sottoporre ai due diretti contendenti. Iniziativa, di cui ad oggi si rileva la mancanza, necessaria non solo per una ricerca seria della pace, ma anche per rispondere ai sospetti di interesse alla guerra che gravano su alcuni Paesi occidentali. Dunque, proposte serie ed equilibrate, con disponibilità di confronto congiunto per la ricerca di necessari accomodamenti e con la prospettiva, quale minimo esito positivo possibile, di fare emergere, e manifestare all’intera comunità globale, la posizione di chi con l’ingiustificata e persistente contrarietà ad ogni possibile accordo di pace dimostri di cercare nella guerra una soluzione di forza che gli assicuri esclusivo ed esteso dominio. Risultato che consentirebbe ai Paesi occidentali di adattare il loro comportamento, abbandonando il sostegno all’Ucraina se fosse imputabile a lei l’ingiustificato atteggiamento, o passando alla prima ipotesi (di lotta totale) se fosse responsabile Putin.
Ma esiste anche una terza ipotesi, della quale non si trova traccia alcuna nella valanga di notizie, commenti, previsioni che quotidianamente riempiono tutti i media sul conflitto Russia/Ucraina. Tutte le loro argomentazioni si articolano sempre nell’ambito di una cultura che presuppone la conflittualità come carattere unico, certo e costante, dei rapporti umani (prima e, tutt’al più, seconda ipotesi). Esiste invece, e non solo in teoria, bensì e per fortuna anche in molte realtà umane, la cooperazione, quale modalità dei rapporti che risolve le situazioni di conflitto tra interessi individuali cercando, prospettando e realizzando condizioni di interesse comune idonee ad assicurare ai contendenti un superiore comune benessere.
E’ un fatto di cultura, quella che invece di assegnare al proprio interesse individuale il compito esclusivo di prevalere sul “nemico”, sa elevarsi dall’io esclusivo al noi e si rende disponibile a cooperare per trovare e accettare soluzioni di superiore interesse comune. E se i contendenti non accennano a questa elevazione, come finora è nel conflitto che ci occupa, non toccherebbe proprio alle Autorità delle altre Potenze coinvolte e alle menti degli esperti della politica e dei media prendere in esame questa ipotesi di diversa cultura? Non spetterebbe proprio a loro prospettare concrete soluzioni cooperative?
L’enorme estensione del coinvolgimento, nella lotta e anche nelle gravi conseguenze economiche e nei gravissimi rischi di guerra atomica, ha creato una situazione nella quale non solo è doveroso verso i due contendenti ma è anche occasione e interesse comune, addirittura di livello globale, adottare una soluzione che applichi fino a tale livello globale la cultura della cooperazione e superi l’attuale conflitto assicurando all’intera umanità la fine di ogni lotta armata e una cooperazione mondiale per il comune progresso e il giusto benessere per tutti. E’ un’occasione che tra l’altro risponderebbe al desiderio e alla disponibilità dei popoli dei due Stati contendenti, esempio di fratellanza e di concordia al di sopra di ogni diversità di lingua e di cultura; purtroppo sollecitato al conflitto solo dagli interessi di dominio della politica.
E’ l’occasione, dunque, per muoversi verso un mondo migliore. Quel mondo che in molti reclamano, tante persone di buona volontà e tanta gioventù, che però non sanno, anche loro, coordinarsi in un grande movimento globale capace di imporsi alla politica mondiale, quella politica che diventa sempre più condizionata dagli interessi individuali e particolarmente da quelli delle grandi potenze economiche, dei grandi speculatori della finanza e delle grandi potenze militari.
Predominando, allo stato, questo modo di essere della politica mondiale, rimane dunque un’utopia sperare che questa terza ipotesi possa essere presa in considerazione e proposta da chi ha voce e/o potere sull’argomento? Certo la cultura che guarda all’interesse e al bene comuni e per essi è disposta anche alla conseguente necessaria cessione di sovranità è difficile da adottare, anche perché persino la possibile destinataria della sovranità, l’ONU, andrebbe fortemente riformata. Ma sono proprio le conseguenze progressivamente sempre più gravi, alle quali ci porta, in ogni settore, la cultura dell’individualismo, a fare sperare che finalmente maturi una presa di coscienza capace di rendere possibile e immediatamente operativa la transizione culturale. Io ci credo, e vado seminando inviti in tal senso, (di cui questo è l’ennesimo) a chi ha i poteri occorrenti e anche ai tanti che ci parlano dai media.
Un concreto esempio di soluzione conforme a questa terza ipotesi, dal titolo “Ancora un suggerimento di possibile accordo”, l’ho già inviato ad alcuni dei destinatari della presente; per gli altri provvedo ora, rimettendone copia in allegato.
Vincenzo Vanda
0 Comments.